Paolo Pibi

LUMINARIUM

Fondazione Bartoli Felter

curated by - Chiara Manca
Photograph - catia pancera

Tout se passe dans notre univers mental. Par univers mental, il faut entendre forcément, absolument, tout ce que nous pouvons percevoir par les sens, les sentiments, l’imagination, la raison, l’illumination, le rêve ou par tout autre moyen. Nous sommes responsables de l’univers, cette évidence nous permet de juger les philosophies non dialectiques (idéalistes ou materérialistes) à leur juste niveau de jeux à vide, puisque les philosophes essaient d’atteindre la pensée parfaite qui doit se confondre avec l’objet au point de le nier.

(Le Surréalism en plein soleil, 1946, Bousquet, Magritte, Marien, Michel, Nouge, Scutenaire, Wergifosse)

 

La poetica artistica di Paolo Pibi è più simile all’applicazione del metodo scientifico su tela che al discorso concettuale sull’immagine e la sua riproduzione, proprio della storia dell’arte. Interrogato sull’argomento in diverse occasioni, risponde muovendosi tra temi filosofici, psicologici e appunto scientifici, strutturando un principio che si sta sviluppando nella pittura contemporanea e che Pibi porta avanti da oltre dieci anni. Di fronte a una tela bianca l’artista dipinge seguendo quello che sembra un flusso di coscienza: non pensa al soggetto prima che il soggetto si presenti spontaneamente sulla tela, non ragiona sui dettagli prima che questi nascano dall’unione di pensiero, immagine, pennellata. Nelle opere è l’immagine a suggerire l’immagine, è il pensiero che si concretizza nel quadro mentre l’artista dipinge e attraverso questo principio Pibi fa sì che la pittura diventi pulsione e mai virtuosismo tecnico o esercizio di stile. Il paesaggio è l’unico elemento ricorrente: nel dipingere spazi sconfinati (che accolgono immagini apparentemente slegate fra loro) mette lo spettatore di fronte a un breve film autobiografico, un corto surreale in cui ricordi, sensazioni, dettagli e momenti del passato si mescolano fino a creare un’unica inquadratura. In questo senso la sperimentazione di Pibi non è mai rivolta alla tecnica in sé o ai materiali utilizzati, ma sempre all’espressione dei gradi di coscienza e subcoscienza a cui arriva durante il processo pittorico. La pennellata diventa meditazione: una sorta di ipnosi autoindotta, un percorso che dalla ripetizione di gesti e dettagli (come i fili d’erba o le foglie, riprodotti centinaia di volte nei pochi centimetri disponibili sulla tela) mostra allo spettatore una visione profondamente intima e contemporaneamente universale della percezione del reale e dell’immaginario.

 

Chiara Manca